lunedì 23 febbraio 2015

Etica, politica e giustizia. Alcuni riferimenti filosofici

ETICA

Il sentimento morale “non può essere che una sensibilità per la felicità degli uomini ed un risentimento nei confronti della loro infelicità, giacché questi sono i diversi fini che la virtù e il vizio tendono a promuovere, Qui dunque la ragione ci insegna a che cosa tendono le azioni e il senso di umanità opera una distinzione in favore di quelle che sono utili e benefiche”. (D. Hume, Ricerca sui principî della morale, 1751)

C’è un “principio anteriore alla ragione” che “ci ispira una ripugnanza naturale a veder perire o soffrire qualunque essere sensibile, e soprattutto i nostri simili”. (J.J. Rousseau, Discorso sull’origine della diseguaglianza, 1754)

“Per quanto egoista si possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principî che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla. Di questo genere è la pietà o compassione, l’emozione che proviamo per la miseria altrui, quando la vediamo, oppure siamo portati a immaginarla in maniera molto vivace. Il fatto che spesso ci derivi sofferenza dalla sofferenza degli altri è assolutamente ovvio”. (A. Smith, Teoria dei sentimenti morali, 1759)

POLITICA

“Il rapporto tra compassione e istituzioni sociali è duplice: gli individui compassionevoli costruiscono delle istituzioni che incarnano ciò che essi immaginano; e le istituzioni, a loro volta, influenzano lo sviluppo della compassione negli individui … Inoltre, le istituzioni insegnano ai cittadini determinate concezioni dei beni fondamentali, della responsabilità e dell’appropriato interesse per gli altri, che plasmeranno ogni forma di compassione che essi apprenderanno”. (M. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, 2001)

“La pietà che proviamo per i mali altrui non è proporzionata alla grandezza di quei mali, ma al grado di sensibilità che attribuiamo a chi li patisce”. (J.J. Rousseau, Emilio, 1762)

“L’esperienza del misconoscimento sociale può motivare un soggetto a impegnarsi in una lotta o in un conflitto pratico, [grazie a un] collegamento psichico tra la sofferenza e la reazione attiva … Questa funzione può essere svolta dai sentimenti di reazione negativa, quali la vergogna o l’ira, l’offesa o il disprezzo. Essi costituiscono i sintomi psichici in base al quale un soggetto può diventare consapevole del fatto che gli viene ingiustamente negato il riconoscimento sociale”. (A. Honneth, Lotta per il riconoscimento, 1992)

GIUSTIZIA

“Il sentimento della giustizia, se consideriamo quella sua componente che consiste nel desiderio di punire, è il sentimento naturale di rivalsa o vendetta, che l’intelletto e la simpatia hanno collegato con quelle offese, vale a dire con quei danni arrecatici, che ci feriscono tramite la società in generale o insieme con essa … È quel desiderio, proprio della natura animale, di respingere o ritorcere un torto o un danno inflitto a noi o a coloro verso cui abbiamo sentimenti simpatetici”. (J.S. Mill, L’utilitarismo, 1861)

“Il giudice in realtà decide sulla base del sentimento e non del ragionamento, della intuizione e non della ragione: il ragionamento compare solo nella motivazione formale … Le simpatie e antipatie del giudice interferiscono sulle sue valutazioni dei testimoni, degli avvocati e delle parti in causa”. (J. Frank, Il diritto e lo spirito moderno, 1949)


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