Il sentimento morale
“non può essere che una sensibilità per la felicità degli uomini ed un
risentimento nei confronti della loro infelicità, giacché questi sono i diversi
fini che la virtù e il vizio tendono a promuovere, Qui dunque la ragione ci
insegna a che cosa tendono le azioni e il senso
di umanità opera una distinzione in favore di quelle che sono utili e
benefiche”. (D. Hume, Ricerca sui
principî della morale, 1751)
C’è un “principio
anteriore alla ragione” che “ci ispira una ripugnanza naturale a veder perire o
soffrire qualunque essere sensibile, e soprattutto i nostri simili”. (J.J.
Rousseau, Discorso sull’origine della
diseguaglianza, 1754)
“Per quanto egoista si
possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni
principî che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui
necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il
piacere di contemplarla. Di questo genere è la pietà o compassione, l’emozione
che proviamo per la miseria altrui, quando la vediamo, oppure siamo portati a
immaginarla in maniera molto vivace. Il fatto che spesso ci derivi sofferenza
dalla sofferenza degli altri è assolutamente ovvio”. (A. Smith, Teoria dei sentimenti morali, 1759)
POLITICA
“Il rapporto tra
compassione e istituzioni sociali è duplice: gli individui compassionevoli
costruiscono delle istituzioni che incarnano ciò che essi immaginano; e le
istituzioni, a loro volta, influenzano lo sviluppo della compassione negli
individui … Inoltre, le istituzioni insegnano ai cittadini determinate
concezioni dei beni fondamentali, della responsabilità e dell’appropriato
interesse per gli altri, che plasmeranno ogni forma di compassione che essi
apprenderanno”. (M. Nussbaum, L’intelligenza
delle emozioni, 2001)
“La pietà che proviamo
per i mali altrui non è proporzionata alla grandezza di quei mali, ma al grado
di sensibilità che attribuiamo a chi li patisce”. (J.J. Rousseau, Emilio, 1762)
“L’esperienza del
misconoscimento sociale può motivare un soggetto a impegnarsi in una lotta o in
un conflitto pratico, [grazie a un] collegamento psichico tra la sofferenza e
la reazione attiva … Questa funzione può essere svolta dai sentimenti di
reazione negativa, quali la vergogna o l’ira, l’offesa o il disprezzo. Essi
costituiscono i sintomi psichici in base al quale un soggetto può diventare
consapevole del fatto che gli viene ingiustamente negato il riconoscimento
sociale”. (A. Honneth, Lotta per il
riconoscimento, 1992)
GIUSTIZIA
“Il sentimento della
giustizia, se consideriamo quella sua componente che consiste nel desiderio di
punire, è il sentimento naturale di rivalsa o vendetta, che l’intelletto e la
simpatia hanno collegato con quelle offese, vale a dire con quei danni
arrecatici, che ci feriscono tramite la società in generale o insieme con essa
… È quel desiderio, proprio della natura animale, di respingere o ritorcere un
torto o un danno inflitto a noi o a coloro verso cui abbiamo sentimenti
simpatetici”. (J.S. Mill, L’utilitarismo,
1861)
“Il giudice in realtà
decide sulla base del sentimento e non del ragionamento, della intuizione e non
della ragione: il ragionamento compare solo nella motivazione formale … Le
simpatie e antipatie del giudice interferiscono sulle sue valutazioni dei
testimoni, degli avvocati e delle parti in causa”. (J. Frank, Il diritto e lo spirito moderno, 1949)
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